Mi presento
Il mio approccio è “Laterale”
Nel mio percorso ho approfondito diversi approcci arrivando a concludere che non basta tutta la conoscenza per comprendere l’uomo nella sua unicità e diversità e che se davvero si vuole aumentare il numero delle scelte a disposizione dei propri clienti occorre prima di tutto continuare ad ampliare il proprio campo di strumenti, paradigmi e conoscenze andando a cercare anche in campi vicini o distanti dal proprio.
Integrare vs dividere
Nel mio lavoro ho una metodologia che integra tutti gli approcci incontrati, come le neuroscienze, l’analisi transazionale, la psicosomatica, la mindfulness e l’ipnosi, all’interno di un percorso sempre unico, come uniche sono le persone che incontro sulla mia strada.
Dalla mia esperienza di vita personale, che potete conoscere qui sotto, ho compreso come non si possa parlare di “corpo” e “mente” ma come si debba pensare ad un unicum in cui non si possa prendersi cura dell’uno senza l’altro.
Per questo sto approfondendo l’applicazione del lavoro psicologico ai disturbi fisici cosiddetti “funzionali“, cioè senza una matrice fisiologica evidente. Ne sono un caso quelli gastroenterologici quali reflusso, dispepsia o colon irritabile (IBS) per cui le evidenze cliniche non propendono per una patologia fisiologica e per i quali spesso il trattamento del sintomo non comporta delle regressioni definitive, ma spesso recidivanti.
Circolarità corpo-mente
In questi casi abbinare il trattamento psicologico alle terapie convenzionali permette di ristabilire quella circolarità corpo-mente che sviluppa quel “dialogo” e quell’ascolto che sono la base del cambiamento.
A un certo punto del mio percorso ho incontrato la mindfulness e poi l’ipnosi perché ho capito che per raggiungere davvero il benessere occorreva sfruttare la possibilità, del tutto naturale, di accedere a stati di coscienza più profondi della veglia e muovere trasformazioni importanti.
Nel mio lavoro mi piace spaziare tra diversi tipi di intervento perché mi permette di mantenere la mente flessibile e un campo di osservazione ampio e privilegiato grazie ad esempio al lavoro con grandi gruppi aziendali o comunità di diverso tipo, come quelle abitative.
Questa è la mia prima “anima” e non l’ho abbandonata perché amo l’idea di creare processi che mettano in moto le risorse inespresse sia delle persone che dei gruppi che incontro.
Ho una vera passione per la formazione perché rappresenta un momento di condivisione della conoscenza che è eticamente un dovere se si vuole sostenere se stessi e gli altri nel sentirsi più forti e sicuri nell’attuale contesto in cui viviamo. Quella scintilla che ristruttura la conoscenza a volte è solo una parola, un’immagine, un’emozione che muove da dentro, ma per me dopo più di 20 anni rimane una magia e mi diverte ancora a provare a farla.
L’essere umano non può restare fermo, o va avanti o va indietro
Per questo penso che sia importante continuare a tessere la trama delle proprie conoscenze arricchendola perché fermarsi significa diventare obsoleti e forse “vecchi”.
Il cervello al pari di ogni altro organo del nostro corpo necessita di allenamento per sfruttare la sua neuroplasticità, vale a dire la possibilità di fare nuove connessioni neurali e far espandere le proprie capacità. Questo è possibile sempre fino all’ultimo giorno della vita.
Intelligenza integrata
Questo è particolarmente necessario in un 21esimo secolo in cui complessità e incertezza crescono a ritmi probabilmente maggiori di quanto il potenziale dell’uomo riesca a fare. L’intelligenza necessaria ad una vita personale e sociale consapevole va verso una intelligenza integrata che mette insieme, bene e meglio di quanto non faccia oggi, tutte le diverse intelligenze che possediamo.